Stampa 3D per l'accessibilità dei musei. Un esperimento.
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È possibile far interagire splendide opere d’arte con la tecnologia e le strumentazioni proprie dei moderni laboratori di artigianato digitale (scanner, stampanti 3D, laser cut), per crearne versioni più accessibili e inclusive?
Il nostro progetto ha visto coinvolti gli studenti del corso Prototyping for Communities di Scuola Cova, il Museo Popoli e Culture del PIME di Milano e InvisibleStudio.
La sfida del corso era quella di creare delle riproduzioni tattili di 5 opere d’arte – sia bidimensionali che tridimensionali - ad uso non solo dei visitatori ciechi e ipovedenti del museo, ma allargando la possibilità di una fruizione altra, che non prevedesse l’uso esclusivo della vista, anche ai bambini e alle scolaresche.
Quando si decide di rendere accessibile alle persone con problemi visivi un’opera d’arte, molte sono le domande che sorgono spontanee: come fa un visitatore cieco ad apprezzare le opere, come fa ad ammirare quelle di spessore quasi impercettibile come alcune opere in stoffa presenti in museo, quali sensi può utilizzare, come facciamo a rendere l’opera più inclusiva e con che metodologie, quali strumentazioni risultano più efficaci per la traduzione?
Le moderne tecnologie e la digital fabrication ci vengono in soccorso anche se la mera scansione e riproduzione 3D di un oggetto, magari realizzato proprio con la stampante 3D, non garantisce la sua effettiva chiarezza e comprensione tattile.
Quando si utilizzano stampanti 3D con bobina a filo è possibile che si formino delle righe poco gradevoli, in quanto gli strati sovrapposti possono presentare spessori diversi rendendo le superfici non uniformi, che interferiscono con la percezione tattile. Importante quindi è che la riproduzione possa garantire quelle soglie tattili tollerabili necessarie affinché l’opera d’arte venga analizzata, compresa ed assimilata per poi essere restituita verbalmente o tramite i laboratori di modellazione della creta.
Bisogna quindi lavorare affinché alcuni particolari vengano resi accessibili e comprensibili al tatto, apportando alcune modifiche. Ad esempio, è possibile estrudere il materiale, creando quindi maggior rilievo rispetto al piano di posa, o eliminare quei dettagli insignificanti per la comprensione dell’opera ma che avrebbero causato una sovrasollecitazione tattile, disorientando il lettore.
Prima di partire ad utilizzare software di modellazione 3D e scanner professionali, un esercizio utile è sicuramente quello di creare un prototipo con materiali semplici. Anche con gli studenti di Scuola Cova abbiamo adottato lo stesso metodo, “learning by doing”. Gli studenti e le studentesse, dopo aver visionato le opere in museo e averle viste proiettate su schermo, le hanno ricreate utilizzando vari materiali tra i quali la plastilina, i cartoncini colorati, le perline, ecc. in modo tale che avessero un’idea concreta di come erano fatte le opere e di come si potessero riprodurre con materiali alla portata di tutti.

Durante il processo realizzativo, sia che si tratti di un’opera realizzata artigianalmente magari con l’argilla oppure con la stampante 3D, fondamentali sono le fasi di verifica tattile del prototipo.
La realizzazione secondo i criteri appena descritti, permette una maggiore sensibilità e finezza interpretativa ma bisogna esaminare l’esattezza della riproduzione dei valori stilistici, estetici e volumetrici ripresi dall’opera originale.
È inoltre fondamentale valutare anche il livello di leggibilità tattile del rilievo. Ad. es. se si creasse una copia troppo grande rispetto all’opera originale si potrebbe far perdere la concentrazione al lettore che non riuscirebbe ad avere un’immagine globale dell’opera, se fosse invece troppo piccola potrebbe perdere dettagli significativi per la comprensione della stessa.

Creare delle riproduzioni tattili significa non solo rendere accessibili le opere ad una categoria di utenti che spesso è preclusa alla visita, ma significa mettere a disposizione di tutti i visitatori nuovi ausili per apprendere e fare esperienza, unendo cioè la conoscenza teorica con l’esperienza diretta, estendendo inoltre le possibilità comunicative degli oggetti esposti in museo.
Come avrete capito, per far sì che questi prototipi e queste traduzioni di opere d’arte siano accessibili, i visitatori, in particolare i visitatori ciechi, dovranno usare i sensi sostitutivi (tecnicamente: vicarianti) della vista come il tatto, l’udito, l’olfatto in modo da vivere un’esperienza di visita più coinvolgente.
In questo contesto di riscoperta della nostra sensorialità, l’arte e i musei giocano un ruolo fondamentale. Il progetto con il Museo Popoli e Culture ha dato la possibilità di reimmaginare l’educazione al museo, trasformando le persone, in protagonisti attivi.
Gli studenti hanno accolto il progetto con il Museo Popoli e Culture con entusiasmo, si sono messi nei panni dei visitatori ciechi ed ipovedenti, iniziando a comprendere cosa comporti realmente la mancanza della vista prima nel quotidiano, poi nell’apprezzare un’opera d’arte per mezzo di lezioni e workshop immersivi e sensoriali volti a spiegare ed interiorizzare quali sono i sensi che si attivano e svolgono una funzione vicariante la vista. E hanno capito che quello che è indispensabile per alcuni è utile per tutti.