Abbiamo intervistato Sandro Debono, il dinamico curatore del National Museum of Fine Arts, attualmente impegnato in un ripensamento totale del museo in vista del trasferimento in una nuova sede in occasione del 2018, anno in cui Valletta sarà capitale europea della cultura.
Dalle sue parole emerge una visione ambiziosa del progetto, che aspira a diventare un modello per altri musei d’arte nel mondo.
1. Com’è attualmente il National Museum of Fine Arts?
Il National Museum of Fine Arts, fondato come museo indipendente nel 1974, è un museo di storia dell’arte basato sul tradizionale modello italiano. L’esposizione è in ordine cronologica e la collezione in mostra spazia dal tardo medioevo e primo rinascimento, fino al periodo maltese moderno e contemporaneo. C’è una particolare attenzione alle differenti scuole artistiche, soprattutto francesi e olandesi, e anche quelle italiane del XVII e XVIII secolo sono ben rappresentate. Le spiegazioni sono limitate alle didascalie e anche la tecnologia ha una presenza ridotta.
2. Quali sono i limiti della sua forma attuale? Il museo è uno scrigno di opere d’arte per intenditori, ma è poco comprensibile a chi non è uno specialista. È necessaria, infatti, una conoscenza di base della storia dell’arte e anche avendola la soglia di comprensione rimane ancora elevata. La mancanza di tecnologia lo rende poco attraente al pubblico più giovane e le comunità locali sono ancora estranee alla narrativa del museo. Manca insomma del richiamo e dell’inclusività che oggi associamo ad un museo d’arte del 21° secolo, nonostante sia un museo nazionale a tutti gli effetti.
3. Come avete intenzione di affrontare tali limiti nel nuovo museo? Il nuovo museo si propone di ripensare il concetto di museo tradizionale in una narrazione di temi e oggetti ad esso correlati. Questo nuovo museo si chiamerà MUŻA.
Muza è un acronimo per Mużew Nazzjonali tal-Arti (Maltese per Museo Nazionale delle Arti). Il nome si riferisce anche alle muse; le figure mitologiche dell’antichità classica ispiratrici di creatività e della parola stessa ‘museo’. Muza è anche la parola maltese per “ispirazione”.
Il progetto MUŻA è stato recentemente riconosciuto dal Network of European Museums Organisations (NEMO) come perfettamente allineato con i valori che l’istituzione promuove, al punto da aver scelto il futuro Museo come sede della conferenza internazionale NEMO del 2018.
Col progetto MUZA ci auguriamo di poter affrontare i limiti del museo attuale fornendo una nuova esperienza museale che sia “stratificata”, cioè accessibile a pubblici con diversi livelli di conoscenza, riconoscendo l’arte e la discussione sull’arte come punti egualmente importanti e sviluppando una strategia di interpretazione puntata al futuro. Promuoveremo l’accesso alle storie attraverso le opere in mostra, prolungheremo l’esperienza di partecipazione oltre alle semplici visite agli spazi della galleria per includere l’accesso agli spazi pubblici, alcuni dei quali saranno ad accesso libero, dove avranno luogo discussioni e dove altri servizi museali di contorno, come caffè e bookshop, completeranno l’esperienza MUZA.
4. Qual è la sfida più impegnativa che affronterete durante lo sviluppo del progetto MUZA? Credo che l’aspetto più difficile del progetto sia la paura del cambiamento. Non vorrei essere frainteso, visto che il progetto ha molto sostegno dal suo interno e anche da parte della comunità artistica e creativa locale. Il progetto è difficile in sé, in considerazione del fatto che il potenziale di sensibilizzazione che mira a sviluppare va al di là dell’esperienza del museo tradizionale. Invece di limitarsi ad essere semplicemente al servizio della società, secondo la classica definizione di museo promossa dall’Icom, MUZA cerca di entrare nella comunità stessa, promuovendo un graduale confronto con le metodologie curatoriali partecipative che a loro volta cercano di promuovere l’alfabetizzazione visiva come un valore chiave all’interno della filosofia narrativa del Museo.
5. Come vede il ruolo della tecnologia nel progetto MUZA? La tecnologia è cruciale per MUZA, ma nel nostro progetto deve sempre essere intesa come un mezzo e non un fine e non dovrebbe mai esserle consentito di sostituire la presenza delle opere d’arte originali. Se utilizzata all’interno di una strategia ben precisa, la tecnologia può essere un potente strumento all’interno di una strategia di interpretazione più ampia.
6. In generale, come vede la situazione culturale maltese in questo momento? E in futuro? Malta sta vivendo un momento entusiasmante man mano che ci avviciniamo alla data in cui Valletta diventerà Capitale Europea della Cultura nel 2018. MUZA è parte di questo rinnovamento che sta sostenendo un’espansione del settore culturale e sta promuovendo il ricco patrimonio culturale dell’isola in modo nuovo. Nel 2018, in particolare grazie a MUZA, avremo gli strumenti giusti per affrontare i diversi pubblici che finora sono ancora lontani dall’arte. La sfida che abbiamo di fronte è quella di sostenere questo slancio anche dopo il 2018. Si tratta infatti di una sfida emozionante, ma sono convinto che saremo all’altezza della situazione.
Sandro Debono Curatore del Museo Nazionale delle Belle Arti della Valletta.
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